Addio Carlo Rossi
La prima reazione quando muore all'improvviso una persona cara è sempre di incredulità. "Non è possibile", ci diciamo. E così rispondiamo -automaticamente- a chi comunica una notizia così devastante, prima ancora che la consapevolezza si faccia strada.
Ma oggi credere davvero che Carlo Rossi, scomparso nel pomeriggio a causa di un tragico incidente stradale, non ci sia più, continua ad essere impensabile.
Conosciamo Carlo, come Subsonica, da sempre, da quando abbiamo mosso i primi passi.
Gli abbiamo affidato alcuni mix dei primi album, anche per sentire vicina la forza del suo incoraggiamento.
Io personalmente da 15 anni prima.
In poche parole è stata la persona che ha avuto voglia e pazienza di insegnarmi tutto quello che mi è stato utile per sapere fare quello che so fare oggi.
Lo ha fatto con me, lo ha fatto con tantissimi altri.
Nei primi anni 80 in città, se volevi combinare qualcosa nella musica potevi essere solo autodidatta. Ma tra un autodidatta qualsiasi e un autodidatta che divora manuali d'istruzione, che genera energia come una dinamo, che non si ferma davanti a nessun tipo di ostacolo motivando e coinvolgendo le persone che ha intorno, passa la differenza tra Carlo Rossi e il resto del mondo di allora.
Poco importa che si tratti del primo album dei Deafear registrato in una cantina due piani sottoterra di via Accademia Albertina, tra carte d'uovo impregnate di nicotina, bohémienne perditempo di passaggio, e mezzi tecnici di fortuna. O che si tratti- qualche anno dopo- dei ben più noti Litfiba (quelli indimenticabili della trilogia del potere). Oppure qualche decennio più tardi di nomi ancora più celebrati come Jovanotti, Ligabue, Gianna Nannini etc, Carlo non ha mai lesinato entusiasmo.
Non ha mai fatto distinzione, nei suoi lavori, tra artisti più o meno importanti. Prendendo anche a male parole alcuni vip che gli rimproveravano , ingelositi, attenzione eccessiva per lavori poco blasonati.
Non si è mai tirato indietro nei confronti di una richiesta, di un consiglio…nemmeno di una delle tante telefonate che quotidianamente mezza Italia gli rivolgeva per capire meglio come funzionasse o perché non stesse funzionando questa o quella apparecchiatura. Eh sì, perché tendeva pure all'onniscienza.
Ricordo di averlo visto, nel passaggio di transizione tra l'insana cantina TKS (anche io lo chiamavo studio mentre tra i 19 e i 20 e tot ci passavo intere giornate e nottate) e il suo primo "Transeuropa", armato di fiamma ossidrica. Era intento a saldare personalmente l'intelaiatura di ferro di quello che per decenni sarebbe stata l'unica struttura musicale di un certo livello in città.
Impossibile descrivere quanto gli volessimo bene. Ma siccome lui è stato per tutti noi un Obi Wan Kenobi, come tutti coloro che sanno chi è Obi Wan, semplicemente non crederemo mai che abbia lasciato sul serio.
Il nostro affetto più intenso va a tutti quelli che questa sera si sentono come noi, e alla sua cara Sandra.
Max e Subs
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