Chi vuole il nucleare
dica dove mette le centrali...
(Giorgio Nebbia)
Supponiamo anche che un governo decida di avviare un programma di costruzione di centrali nucleari, di qualsiasi tipo, anche di quelle cosiddette di terza generazione - ce ne sono due in costruzione, una in Finlandia, una in Francia, già afflitte da difficoltà tecniche e ritardi e aumenti di costi - "supersicure", blindate dentro contenitori spessi metri e metri di cemento armato. Dove le mettiamo in Italia? Ai tempi della prima frenesia governativa per il nucleare, negli anni Settanta e Ottanta del Novecento, si vide che non c'è nessun posto in Italia in cui una centrale nucleare possa essere installata nel rispetto dei vincoli di sicurezza imposti dalle norme internazionali.
Occorre una grande massa di acqua di raffreddamento: la centrale finlandese deve pompare, per il raffreddamento delle turbine, circa 65 metri cubi al secondo (la portata di un fiume medio italiano) di acqua che ritorna, scaldata, nel mare, e deve produrre acqua distillata per dissalazione dell'acqua di mare per l'alimentazione delle caldaie. Occorre una adeguata distanza, almeno una quindicina di chilometri, da centri abitati, strade di grande comunicazione, ferrovie, aeroporti, installazioni militari, industrie pericolose, eccetera. Una centrale nucleare deve essere collocata su una struttura geologica priva di rischi di terremoti e non franosa (in Finlandia la centrale di terza generazione è in costruzione su un promontorio di granito). Occorre un coinvolgimento delle comunità locali; non basta invocare il segreto di stato sulla localizzazione o promettere di mandare l'esercito a bloccare le eventuali proteste; occorre comunque procedere ad espropri e a modifiche di piani regolatori locali e aprire cantieri e movimentare per terra e per mare milioni di tonnellate di cemento, acciaio, macchinari.
Ma, soprattutto, non è proponibile l'energia nucleare, né in Italia, né in nessun altro posto, perché durante la produzione si formano inevitabilmente grandi quantità di sostanze radioattive, sia come prodotti di fissione dell'uranio, sia come prodotti transuranici, sia come prodotti di attivazione conseguenti l'esposizione ai neutroni degli stessi materiali da costruzione delle varie parti del reattore e dei contenitori. Il mondo è già pieno di materiali radioattivi formatisi durante il funzionamento dei reattori nucleari militari e commerciali e non è accettabile che si continui a produrne altri, lasciando alle generazioni future, a migliaia di generazioni future (le scorie radioattive più pericolose devono essere tenute lontano dalle acque e dagli esseri viventi per 200.000 anni), una eredità di problemi irrisolti, basandosi sulla fideistica ipotesi che qualcosa si scoprirà per seppellire i materiali radioattivi da qualche parte.
E' questa la principale ragione del rallentamento della costruzione di altre centrali nucleari nel mondo. Il punto forte degli avvocati dell'energia nucleare riguarda la tesi che la produzione di energia nucleare non contribuisce all'immissione di anidride carbonica, il principale gas a "effetto serra", nell'atmosfera, e questo è vero, anche se l'affermazione viene da quelle stesse "autorità" che finora hanno fatto di tutto per evitare di accettare gli accordi sulla limitazione delle emissioni dei gas che alterano il clima.
Niente petrolio o gas naturale, che saranno sempre più scarsi e costosi, niente carbone che è inquinante: questi detrattori dell'energia nucleare vogliono che si torni al lume delle candele e ai pattini a rotelle? Non scherziamo. Stiamo vivendo un momento storico di transizione tecnico-scientifica e merceologica e occorre finalmente interrogarsi su che cosa occorre produrre e come, negli attuali "tre mondi": quello dei paesi industrializzati, quello degli emergenti (Cina, India, sud-est asiatico) e quello dei paesi arretrati: la salvezza va cercata nel ricorso alle ricchezze che la natura ha ancora in serbo, sotto forma di energie e merci rinnovabili, prodotti dalle grandissime forze del sole, del vento, dalla vegetazione, dalla terra.
E' questa, non il nucleare, la vera strada per alleviare i problemi dell'alimentazione, dell'acqua, dell'energia nel mondo, per occasioni di occupazione e per ritrovare l'orgoglio dell'innovazione e del lavoro.
31/01/2009
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