Mi sveglio all’alba delle 12, ma scopro di non essere l’unico pipistrello.
Nella hall infatti trovo solo Ninja e un Boosta molto divertito che sta tentando di scaricare dal web un antifurto che abbaia(!) per il suo cellulare. Compiaciuto della nostra curiosità passerà in rassegna tutte le micro cagate con le quali ha accessoriato il portatile: sintetizzatori giocattolo, un accordatore, la spada laser di guerre stellari…dopo una mezz’ora e un quotidiano sfogliato fino agli annunci mortuari scendono anche gli altri.
Mangeremo qui vicino in una valida trattoria emiliana per poi metterci immediatamente in viaggio.
La sezione agonismo incomincia un torneo di fifa tra urla e insulti reciproci, io in fondo al bus suono un po’ di acustica, per starci alla larga….ma poi ci ricado. Oramai devo ammettere a me stesso ciò che da almeno una settimana risulta evidente a tutti….sono infognato. Non riesco a stare lontano dai cofanetti dvd di “24 ore”. Mi sparo raffiche di puntate fino a notte fonda per poi ricominciare il giorno successivo. Tra esplosioni, torture, pistolettate e mani in faccia al limite del politically correct le avventure in “tempo reale” di Jack Bauer sono oramai una “scimmia quotidiana”. Oggi mi tocca pure assistere e preoccuparmi per la minaccia di un virus letale con il quale viene minacciata Los Angels. Mi dico “una e poi basta”, diventano subito due.
Chiudo il computer, sfilo le cuffie, raggiungo gli altri e divento un voto decisivo per spegnere la playstation e proiettare “Maradona” di Emir Kusturica: un documentario sulla storia del più grande calciatore del mondo, indagato piuttosto bene anche nelle zone più buie della sua controversa vicenda. Mi colpiscono diverse cose, tra le quali le sue toccanti riflessioni sulla sua dipendenza da cocaina, la ricostruzione delle origini misere della sua famiglia, e una considerazione di Kusturica su come la nobiltà sia ormai merce preziosa più di casa presso chi lotta per mantenere con fatica una condizione dignitosa nel disagio della povertà, che non presso le classi agiate e oziose del mondo privilegiato.
Poi mi incuriosisce anche il fatto che Diego Armando continui da sempre, a fare il segno della croce ogni volta che entra su un campo da calcio, anche solo per un’intervista, quasi stesse varcando la porta di una chiesa. Una cosa simile a ciò che succede nelle palestre di arti marziali. Il saluto al luogo, alle presenza che si suppone lo circondino.
Forse non c’entra molto, ma a me capita di sentirmi in dovere di ringraziare gli dei della musica, per esempio ogni volta che incontro un musicista in strada, offrendo qualche cosa.
Ma magari da questa sera, in aggiunta un “ciao com’è?” al palco glielo butto lì.
Siamo arrivati. Ci sono già alcuni terrestri sul posto, tra i quali alcune facce note. Chilometri e ore di attesa per godersi la prima fila, o semplicemente un rituale da consumare insieme a persone conosciute sotto il palco e diventate nei mesi amiche. A volte, non semplre, capia di potere intercedere con i proprietari del locale e permettere a qualcuno di assistere al sound check. Oggi è uno di quei giorni.
Solitamente non mangio prima dei concerti, per favorire l’adrenalina, ma mi piace fare un giro per vedere dove sono capitato. Quindi seguo gli altri al ristorante giusto per godermi un po’ i carrugi di Sestri.
Rientrati al locale salutiamo alcune vecchie conoscenze: Edo, Stefano, e una faccia vagamente nota che riconosco solo dopo un po’ essere quella dell’attore dell’ultimo clip. Davide, Davide Paganini è il suo nome. Facciamo qualche chiacchiera ed è già ora di salire. Il club è stracolmo di un pubblico molto vario per età e per eterogeneità. Giovani dal viso pulito, rastamannicon dredlocks, qualche metallaro, biffe, tatuaggi a petto nudo e signorine di tutto punto vestite.
Partono le frequenze di Idoser, una deciana di minuti di frequenza “dopanti” (si fa per dire) e saliamo con l’intro di Piombo. Il pubblico ligure è un pubblico da conquistare e noi ci prendiamo tutto il tempo. Abbiamo tre concerti nelle gambe, per i quali non ci siamo certo risparmiati. Saliamo piano ma ben presto ribaltiamo il locale.
E’ un bel locale con un palco alto e un’ottima visuale. L’unico problema è avere il batterista in mansarda, staccato dal resto della scena e posto molto in alto. Chiudiamo il primo set, togliamo magliette e cambiamo pantaloni fradici che la Energie (tanks!!) fortunatamente fornisce in quantità necessaria per soddisfare le esigenze delle sudatissime tourneè e indossiamo le camice di tessuto plastico fosforescente, amorevolmente cucite per noi dall’amica Gaja , sartina e stilista conosciuta in città per il suo marchio artigianale “love the d.j.”
Bianche come le luci, e come i manifesti del tour e sintetiche come il set techno che contraddistingue la seconda part del concerto. E parte il ravone. E si balla, tutti ballano e da sopra è davvero un bello spettacolo.
Ci sarànel finale ancora tempo per un doveroso bis e per vivere insieme ai ragazzi di Genova la delusione, lo sdegno e la rabbia per la sentenza di sostanziale assoluzione dai fatti del G8, cantando insieme a loro “Preso Blu”. Mi sento in dovere di presentarla, senza volere aggiungere la violenza nelle parole a quella che è già stata indelebilmente versata, ma per condividere un’ingiustizia, forse per sentirla, con ciò, più accettabile.
Alla fine del concerto resteremo una mezz’ora per poi ripartire verso Torino. Alcuni hanno grane da risolvere in città. Ma nessuna mai grande come quella di Jack Bauer che deve affrontare la minaccia del virus letale che i terroristi hanno liberato nel condotto di areazione di un’albergo mentre la gente incomincia a sanguinare dal naso e vorrebbe scappare ma gli agenti del ctu non lo consentono e sparano per evitare che il contagio si diffonda che poi anche loro sono stati a loro volta contaminati….insomma un macello.
Max
Privacy - Copyright ©2023 Subsonica.it - 08531080011
COMMENTI